Caro Leva,
Io credo che nella vita di tutti noi passano tante persone, alcune fanno con noi tanta strada altre solo dei tratti brevi. Le persone speciali però riescono a lasciare il segno anche se ti accompagnano per un pezzettino di strada. E’ QUELLO CHE HAI FATTO TU CON ME. Io non sono la persona giusta per parlare di te, della grande persona che sei stato. Non ero il tuo migliore amico e non eravamo confidenti. Eppure in questi 4 anni tu sei riuscito a lasciarmi tanto e ad insegnarmi tanto. Chissà quanto altro avevi da darci visto che ancora nell’ultimo torneo ci hai suggerito tu dove incanalare il nervosismo che ci stava affiorando in alcune situazioni, e ancora nell’ultima riunione di squadra ci richiamavi all’ordine inducendoci, prima di fare delle scelte, a stabilire l’obiettivo morale che doveva sottendere quelle scelte.
Ci abbiamo messo un po’ ad entrare in sintonia, non perché non ci fosse stima e simpatia ma probabilmente perché entrambi troppo introversi. Poi abbiamo finalmente trovato la chiave, LA TUA GRANDE IRONIA. Ho capito che il prendersi in giro, il trattare qualsiasi argomento con il sorriso era il modo per entrare nel tuo mondo e conoscerti meglio. Ad un certo punto ho capito che eri troppo intelligente per non capire che prendo in giro le persone che stimo di più e a cui voglio più bene. E allora via, senza freni… “Leva sei lento, intanto che arrivi in base vado a farmi la doccia…” “Leva che non senti la pallina sembra che stai brucando nell’erba…” e tu ad imprecare dicendo che il nostro è “uno sport del cazzo”. Eppure anche se ti prendevamo in giro tu in campo c’eri sempre. Contro la malattia, gli acciacchi, gli affanni, il buon senso, ma anche perché molto semplicemente eri fortissimo. In attacco eri il nostro salvatore, l’uomo che arrivava negli ultimi inning a risolvere tutti i problemi. Quella partita contro la Roma del 2015 è una tua magia! E in difesa dicevi che non le sentivi eppure il tuo mattoncino sulla partita lo mettevi sempre. Incredibile la semifinale: le cannonate dei bresciani che ti arrivavano addosso e tu facevi gli out; io da fondo campo che ti urlavo “Leva, ma che culo hai!!!” e poi correvo ad abbracciarti. È STATO UN ONORE ED È STATO BELLISSIMO GIOCARE AL TUO FIANCO. Non riesco ad immaginarmi sul campo senza di te in esterno sinistro alla mia destra. Mi trasmettevi sicurezza e tranquillità ed eri un leader. Un leader silenzioso, ma quando parlavi tu erano gli altri a fare silenzio per ascoltarti e per cercare di rubare un po’ della tua saggezza.
Si lo so che c’è troppo baseball in questa lettera però in fondo è la cosa che ci ha legati. E poi negli anni sto imparando che lo sport ha questa capacità magica di creare legami e farti conoscere a fondo una persona più di tanti altri strumenti e occasioni. E poi il baseball è stato fino all’ultimo un tuo rifugio, una passione alla quale dedicarti per non darla vinta a quella maledetta malattia. Ed in effetti la partita con la malattia l’hai stravinta tu! Con la tua autoironia, con la tua voglia di vivere e dedicarti al tuo lavoro e ai tuoi hobbies, con il tuo non lamentarti mai, con il tuo perseverare nel far vincere sempre e solo sentimenti buoni, con l’instancabile volontà di trasmettere sorrisi e positività. Già, perché avevi un guscio così resistente che nonostante quello che sentivi dentro, trasmettevi all’esterno sempre qualcosa di positivo. Con la tua pacatezza e con la tua forza hai voluto proteggerci tutti fino alla fine e trasmetterci serenità. E con questo ci hai insegnato come si affrontano le partite della vita.
Ciao Leva, ti prendevo in giro perché non correvi forte e invece tu sei scappato via troppo in fretta…
Un presidenteee, c’è solo un presidenteee!
Giuseppe Allegretta